
La rarità delle Pitture del Doni, prive finora di un’edizione moderna, contrasta con la loro straordinaria importanza per la comprensione della cultura rinascimentale nel vitale intreccio tra immagine e parola, cultura letteraria e cultura artistica. L’opera, edita per la prima volta a Padova nel 1564 dall’editore Grazioso Percaccino, raccoglie “invenzioni”, pensate dal Doni per ornare un edificio da costruire ad Arquà in onore del Petrarca: pitture emblematiche, exempla, imprese e motti concorrono con giochi combinatori a costituire un tessuto celebrativo e un dettato morale che influenzerà profondamente la letteratura emblematica e la cultura figurativa successiva. Se da un lato l’intero testo del Doni costituirà, per esempio, una delle fonti privilegiate dell’Iconologia di Cesare Ripa, esso troverà un’effettiva realizzazione pittorica a Villa d’Este, nella Sala della Gloria dove Federico Zuccari dipingerà nel 1566 la Nobiltà, la Gloria, la Fortuna, il Tempo, la Magnanimità, la Religione, seguendo fedelmente le “invenzioni” descritte nelle Pitture. Inoltre il sospetto che il testo del Doni sia in realtà un plagio di una versione del Theatro di Giulio Camillo apre nuove interessanti connessioni con una pratica culturale che informa profondamente la cultura cinquecentesca, l’arte della memoria. La rete di associazioni che attribuisce un significato preciso ad ogni elemento dell’immagine, dilata infatti il dettato dell’ut pictura poesis fino a includere i meccanismi della mnemotecnica, fondendo dimensione iconica e linguistica al servizio di una nuova organizzazione del sapere. Il testo dell’editio princeps viene per la prima volta confrontato e studiato in relazione con l’inedita versione manoscritta dell’opera conservata alla Biblioteca Vaticana (1560), splendidamente illustrata dal Doni. Il commento offre lo spunto per un’analisi delle fonti, della cultura emblematica e del concettismo del tempo.
A cura di Sonia Maffei
Euro 80,00
ISBN 88-89254-00-9, Napoli, Aprile 2004
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